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Benedetto XVI proclama Beato Giovanni Paolo II

Una festa della fede: oltre un milione i fedeli

“Con la nostra autorità apostolica - ha detto con la Formula di Beatificazione - concediamo che il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 22 ottobre” (anniversario dell’inizio del ministero petrino di Papa Wojtyla).

Scoperto l’arazzo, posto sulla facciata della Basilica vaticana, che ritrae un’immagine fotografica di Papa Wojtyla. Sull’altare è stato collocato un reliquario a forma di rami d’ulivo, con un’ampolla contenente il sangue del nuovo Beato. Una “festa della fede”, “preziosa occasione per aprire le porte a Cristo” e “forte invito a vivere, con la generosità del nuovo Beato, il Vangelo dell’Amore”: con queste parole Benedetto XVI saluta dall’Osservatore Romano i pellegrini giunti in San Pietro e a Roma per la Beatificazione di Giovanni Paolo II. La cerimonia è iniziata alle 10.00. Circa 90 le delegazioni ufficiali di diversi Paesi, con 16 capi di Stato, tra cui Italia e Polonia, e rappresentanti di 5 case regnanti. Hanno concelebrato con il Papa i cardinali presenti a Roma e Mons. Mieczyslaw Mokrzycki, dal 1995 al 2005, segretario in seconda di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI indossa la casula e la mitra appartenuti a Papa Wojtyla. Il calice utilizzato durante la celebrazione è quello usato da Giovanni Paolo II negli ultimi anni del suo Pontificato. Il sole illumina San Pietro, smentendo ogni previsione di maltempo.

Centinaia di migliaia di fedeli, giunti da tutto il mondo, erano già affluiti dalle prime ore del mattino in Piazza San Pietro, Via della Conciliazione e nelle strade adiacenti, per partecipare alla Beatificazione. Migliaia i pellegrini che hanno rinunciato ad entrare in Piazza San Pietro a causa della troppa folla e che si sono radunati in Piazza Risorgimento dove è stato allestito un maxischermo. Altri maxi-schermi sono dislocati a Largo Giovanni XXIII, Piazza Adriana, Piazza dell’Esquilino (area pedonale), Piazzale di San Paolo, Piazza San Giovanni in Laterano, Circo Massimo. Le immagini della Beatificazione sono inoltre trasmesse sui monitor dell’Aeroporto di Fiumicino e della Stazione Termini. Tanti i pellegrini che hanno invaso anche i giardini di Castel Sant’Angelo. Numerosissimi i fedeli polacchi. In tanti venivano dalla Veglia al Circo Massimo e quindi sono rimasti svegli tutta la notte tra canti e preghiere. Molta stanchezza sui volti ma anche tanta gioia per la consapevolezza di partecipare ad un evento ecclesiale storico. Nelle strade bandiere da tutto il mondo, fotografie di Giovanni Paolo II e cartelli inneggianti al nuovo Beato.

In ricordo di Papa Wojtyla una candela è stata accesa verso le 5,30 di stamani alla finestra da cui si affaccia il Papa per l’Angelus. Centinaia di giornalisti e fotografi, da tutto il mondo, già gremivano i punti stampa predisposti. La terrazza del braccio di Carlo Magno, sulla sinistra della Basilica di San Pietro che si affaccia sul colonnato, dove è stato allestito uno dei punti stampa, già dalle primissime ore della mattina registrava il tutto esaurito. All’evento si sono registrati 2.300 rappresentanti dei media provenienti da oltre 100 paesi del mondo.

Nella prima parte della celebrazione ci sono stati alcuni momenti preparatori con canti, brani di omelie di Giovanni Paolo II e si è recitata la Coroncina alla Divina Misericordia.

Durante la celebrazione le preghiere dei fedeli hanno ricordato alcune Encicliche di Papa Wojtyla.

La prima preghiera in spagnolo recita così: “La Chiesa, che vive dell’Eucaristia, memoriale del Sacrificio pasquale, raccolga tutti i rinati nel Battesimo, affinché siano una cosa sola”. La seconda preghiera è in francese: “Il nostro Santo Padre Benedetto, che annuncia a tutti con mite franchezza lo splendore della Verità, si senta sostenuto dalla consolante intercessione della Madre e del Custode del Redentore”. La terza preghiera è in tedesco: “I cristiani perseguitati e vilipesi aprano con coraggio il loro cuore a Cristo e, perseverando nell’ora della prova, si sentano partecipi della stessa missione del Redentore in favore dell’umanità”. La quarta preghiera è in russo: “I responsabili dei popoli e delle nazioni si lascino provocare dalla sollecitudine sociale della Chiesa e riscoprano l’urgenza di vivere il Vangelo della vita”. La quinta preghiera è in inglese: “I discepoli del Signore, oggi qui raccolti nella gioia e nella lode per il dono e la testimonianza evangelica del beato Giovanni Paolo II, orientati da fede e ragione, siano cercatori instancabili della verità”.

Il rito si è concluso con l’Inno al Beato Giovanni Paolo II.

Al termine della cerimonia di beatificazione i fedeli possono compiere un atto di Venerazione delle spoglie del nuovo Beato nella Basilica di San Pietro, davanti all’Altare della Confessione. L’Evangelario di Lorsch, un volume di valore inestimabile, è stato posto sul feretro di Giovanni Paolo II. Si tratta di un Vangelo miniato redatto tra il 778 e l’820 ed è tra i capolavori della miniatura carolingia. È conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.

 

Tratto dal sito www.radiovaticana.org

 

 

Omelia di Benedetto XVI per la Beatificazione di Giovanni Paolo II

Cari fratelli e sorelle!

Sei anni or sono ci trovavamo in questa Piazza per celebrare i funerali del Papa Giovanni Paolo II. Profondo era il dolore per la perdita, ma più grande ancora era il senso di una immensa grazia che avvolgeva Roma e il mondo intero: la grazia che era come il frutto dell’intera vita del mio amato Predecessore, e specialmente della sua testimonianza nella sofferenza. Già in quel giorno noi sentivamo aleggiare il profumo della sua santità, e il Popolo di Dio ha manifestato in molti modi la sua venerazione per Lui. Per questo ho voluto che, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, la sua causa di beatificazione potesse procedere con discreta celerità. Ed ecco che il giorno atteso è arrivato; è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore: Giovanni Paolo II è beato!

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti voi che, per questa felice circostanza, siete convenuti così numerosi a Roma da ogni parte del mondo, Signori Cardinali, Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Delegazioni Ufficiali, Ambasciatori e Autorità, persone consacrate e fedeli laici, e lo estendo a quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

Questa Domenica è la Seconda di Pasqua, che il Beato Giovanni Paolo II ha intitolato alla Divina Misericordia. Perciò è stata scelta questa data per l’odierna Celebrazione, perché, per un disegno provvidenziale, il mio Predecessore rese lo spirito a Dio proprio la sera della vigilia di questa ricorrenza. Oggi, inoltre, è il primo giorno del mese di maggio, il mese di Maria; ed è anche la memoria di San Giuseppe lavoratore. Questi elementi concorrono ad arricchire la nostra preghiera, aiutano noi che siamo ancora pellegrini nel tempo e nello spazio; mentre in Cielo, ben diversa è la festa tra gli Angeli e i Santi!

Eppure, uno solo è Dio, e uno è Cristo Signore, che come un ponte congiunge la Terra e il Cielo, e noi in questo momento ci sentiamo più che mai vicini, quasi partecipi della Liturgia celeste.

“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20, 29). Nel Vangelo di oggi Gesù pronuncia questa beatitudine: la beatitudine della fede. Essa ci colpisce in modo particolare, perché siamo riuniti proprio per celebrare una Beatificazione, e ancora di più perché oggi è stato proclamato Beato un Papa, un Successore di Pietro, chiamato a confermare i fratelli nella fede. Giovanni Paolo II è Beato per la sua fede, forte e generosa, apostolica. E subito ricordiamo quell’altra beatitudine: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16, 17). Che cosa ha rivelato il Padre celeste a Simone? Che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Per questa fede Simone diventa “Pietro”, la roccia su cui Gesù può edificare la sua Chiesa. La beatitudine eterna di Giovanni Paolo II, che oggi la Chiesa ha la gioia di proclamare, sta tutta dentro queste parole di Cristo: “Beato sei tu, Simone” e “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. La beatitudine della fede, che anche Giovanni Paolo II ha ricevuto in dono da Dio Padre, per l’edificazione della Chiesa di Cristo.

Ma il nostro pensiero va ad un’altra beatitudine, che nel Vangelo precede tutte le altre. È quella della Vergine Maria, la Madre del Redentore. A Lei, che ha appena concepito Gesù nel suo grembo, santa Elisabetta dice: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1, 45). La beatitudine della fede ha il suo modello in Maria, e tutti siamo lieti che la Beatificazione di Giovanni Paolo II avvenga nel primo giorno del mese mariano, sotto lo sguardo materno di Colei che, con la sua fede, sostenne la fede degli Apostoli, e continuamente sostiene la fede dei loro successori, specialmente di quelli che sono chiamati a sedere sulla cattedra di Pietro. Maria non compare nei racconti della Risurrezione di Cristo, ma la sua presenza è come nascosta ovunque: Lei è la Madre, a cui Gesù ha affidato ciascuno dei discepoli e l’intera comunità. In particolare, notiamo che la presenza effettiva e materna di Maria viene registrata da San Giovanni e da San Luca nei contesti che precedono quelli del Vangelo odierno e della prima Lettura: nel racconto della morte di Gesù, dove Maria compare ai piedi della croce (cfr Gv 19, 25); e all’inizio degli Atti degli Apostoli, che la presentano in mezzo ai discepoli riuniti in preghiera nel cenacolo (cfr At 1, 14).

Anche la seconda Lettura odierna ci parla della fede, ed è proprio San Pietro che scrive, pieno di entusiasmo spirituale, indicando ai neo-battezzati le ragioni della loro speranza e della loro gioia. Mi piace osservare che in questo passo, all’inizio della sua Prima Lettera, Pietro non si esprime in modo esortativo, ma indicativo; scrive, infatti: “Siete ricolmi di gioia” - e aggiunge: “Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede: la salvezza delle anime” (1 Pt 1, 6.8-9). Tutto è all’indicativo, perché c’è una nuova realtà, generata dalla risurrezione di Cristo, una realtà accessibile alla fede. “Questo è stato fatto dal Signore - dice il Salmo (118, 23) - una meraviglia ai nostri occhi”, gli occhi della fede.

Cari fratelli e sorelle, oggi risplende ai nostri occhi, nella piena luce spirituale del Cristo risorto, la figura amata e venerata di Giovanni Paolo II. Oggi il suo nome si aggiunge alla schiera di Santi e Beati che egli ha proclamato durante i quasi 27 anni di pontificato, ricordando con forza la vocazione universale alla misura alta della vita cristiana, alla santità, come afferma la Costituzione conciliare Lumen gentium sulla Chiesa. Tutti i membri del Popolo di Dio - Vescovi, sacerdoti, diaconi, fedeli laici, religiosi, religiose - siamo in cammino verso la patria celeste, dove ci ha preceduto la Vergine Maria, associata in modo singolare e perfetto al mistero di Cristo e della Chiesa. Karol Wojtyla, prima come Vescovo Ausiliare e poi come Arcivescovo di Cracovia, ha partecipato al Concilio Vaticano II e sapeva bene che dedicare a Maria l’ultimo capitolo del Documento sulla Chiesa significava porre la Madre del Redentore quale immagine e modello di santità per ogni cristiano e per la Chiesa intera. Questa visione teologica è quella che il beato Giovanni Paolo II ha scoperto da giovane e ha poi conservato e approfondito per tutta la vita. Una visione che si riassume nell’icona biblica di Cristo sulla croce con accanto Maria, sua madre. Un’icona che si trova nel Vangelo di Giovanni (19, 25-27) ed è riassunta nello stemma episcopale e poi papale di Karol Wojtyla: una croce d’oro, una “emme” in basso a destra, e il motto “Totus tuus”, che corrisponde alla celebre espressione di San Luigi Maria Grignion de Montfort, nella quale Karol Wojtyla ha trovato un principio fondamentale per la sua vita: “Totus tutus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria - Sono tutto tuo e tutto ciò che è mio è tuo. Ti prendo per ogni mio bene. Dammi il tuo cuore, o Maria” (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, n. 266).

Nel suo Testamento il nuovo Beato scrisse: “Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Card. Stefan Wyszynski mi disse: «Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio»”. E aggiungeva: “Desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l’intera Chiesa - e soprattutto con l’intero episcopato - mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all’evento conciliare dal primo all’ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l’eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato”. E qual è questa “causa”? È la stessa che Giovanni Paolo II ha enunciato nella sua prima Messa Solenne in Piazza San Pietro, con le memorabili parole: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti, egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante - forza che gli veniva da Dio - una tendenza che poteva sembrare irreversibile.

Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà.

Ancora più in sintesi: ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è Redemptor hominis, Redentore dell’uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre.

Karol Wojtyla salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo. Il suo messaggio è stato questo: l’uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell’uomo. Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo “timoniere” il Servo di Dio Papa Paolo VI, Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, che proprio grazie a Cristo egli ha potuto chiamare “soglia della speranza”. Sì, attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo, Egli ha dato al Cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia. Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, Egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di “avvento”, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace.

Vorrei infine rendere grazie a Dio anche per la personale esperienza che mi ha concesso, di collaborare a lungo con il Beato Papa Giovanni Paolo II. Già prima avevo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamò a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre più la sua persona. Il mio servizio è stato sostenuto dalla sua profondità spirituale, dalla ricchezza delle sue intuizioni. L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma Egli è rimasto sempre una “roccia”, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così Egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nella Eucaristia.

Beato Te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua - ti preghiamo - a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio. Tante volte ci hai benedetto da questa piazza. Santo Padre oggi ti preghiamo, ci benedica! Amen.

                                                                      Benedetto XVI, 1 maggio 2011

 

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