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Testimonianze di perdono - 2006 - Festa della famiglia diocesi di Firenze

Vengono riportate una di seguito all'altra alcune testimonianze che dimostrano come affidandoci a Gesù e al suo disegno che non conosciamo, Lui riesce a sanare noi e ricomporre le nostre divergenze.

 

1a esperienza

Ho sempre sofferto fin da piccola per la disunione dei miei genitori, ma una volta cresciuta e conosciuto il Movimento dei Focolari ed il valore dell' "Unità", alla quale mi sento particolarmente portata, questa sofferenza è andata sempre aumentando. Avevo sempre in cuore questa richiesta "che anche la mia famiglia fosse "Uno" davanti a Dio.

La situazione da rimediare era veramente difficile. Per quanto avessi fatto nel corso degli anni per ristabilire legami e per inpedire che certi avvenimenti accadessero, 5 anni fa i miei genitori si erano separati e il mio babbo si era accompagnato con un'altra donna. Ho due fratelli maggiori (figli del primo matrimonio del mio babbo, perchè era rimasto vedovo): il più grande Luca aveva rotto i rapporti con tutti noi 30 anni fa e mai più voluti riprendere, con l'altro Andrea non ci parlavamo più in seguito alla separazione dei nostri genitori e comunque i rapporti erano stati sempre complessi e con mia sorella minore  Sonia ci trovavamo su due sponde diverse a causa dei nostri diversi modi di pensare (anche riguardo a babbo e a mamma).

Due anni fa la separazione si complica a livello burocratico ed una mattina di Sabato ricevo una telefonata da parte di mio fratello maggiore Luca, il quale mi saluta molto cordialmente e mi chiede se possiamo vederci per vedere di sistemare appunto la questione della separazione. Come spesso succede in questi casi si erano infatti creati due schieramenti: mio padre sostenuto dai miei fratelli e mia madre invece da mia sorella ed io che per quanto potevo cercavo di mediare.

Ho capito che quella poteva essere un'occasione importante e dopo le prime perplessità ho risposto di "sì". Ne ho parlato con mio marito Primo, che ha condiviso subito la mia risposta e ci siamo preparati per questo incontro. Libera da ogni pregiudizio ed inibizione umana, sono andata all'incontro. La mia Bussola, come dice Chiara, era puntata sull'Unità della mia famiglia. Siamo andati noi due forti di "Gesù in mezzo"; lo abbiamo ascoltato e amato con tutti noi stessi tanto che da quella volta abbiamo cominciato a farci qualche qualche telefonata ed abbiamo iniziato le prime trattative per chiudere la separazione, ma la cosa importante era il fatto che cominciavamo a scambiarci notizie sulle nostre vite, parlare delle nostre famiglie, dei problemi che avevamo, quali erano i nostri pensieri ed il contenuto di queste conversazioni lo facevamo circolare anche ai nostri fratelli e genitori, per cui la cosa si stava allargando. Tutti erano meravigliati.

Per questo accordo i miei fratelli (non so quanto mio padre fosse d'accordo) avevano posto una condizione: il divorzio, per chiudere definitivamente anche ogni tipo di ripercussione futura a livello economico. Le quote che ci spettavano ad ognuno dovevano essere ben definite studiate in ogni particolare ...... Nel mio cuore pregavo. " Eterno Padre questo no. Gesù ti ha chiesto che tutti siano "Uno". Io che faccio parte di quell'Uno ti chiedo l'Unita per la mia famiglia......"

Misteriosamente i rapporti interpersonali con mio fratello Luca procedevano sempre meglio; avevo anche telefonato ad Andrea in occasione della nascita di mia nipote chiedendogli di vederla ma mi aveva detto che questo era possibile solo dopo l'eventuale accordo. Intanto si formulavano accordi legali che ci rasserenavano ma che non prendevano corpo da dover pensare alla decisone del Divorzio.

Nel Giugno dell'anno passato Babbo Mauro si è sentito male ed è stato ricoverato in ospedale. Quando sono andata a trovarlo eravamo soli e lui mi ha chiesto come stava la mia mamma e se io e la mia famiglia volevamo trascorrere le vacanze con lui. Non credevo ai miei orecchi. Appena uscita sono entrata in una chiesa: in cuor mio ho pensato che se avessi chiesto questo in Unità con tutto il movimento e con Chiara la mia richiesta avrebbe avuto sicuramente più valore di fronte a Dio ed ho pregato così: "Padre per intercessione di Gesù se è nella tua volontà ti chiedo che i miei genitori tornino insieme". Sono uscita. la mia fiducia in Dio Padre era assoluta. Sapevo che lui si sarebbe preso cura di questa cosa.

Il mio babbo venne successivamente dimesso e così le probabilità che io potessi parlare con lui da sola si annullavano, perchè la convivente soprattutto in presenza mia non lo lasciava mai solo. Io continuavo a sperare.

Un mese dopo facendo una telefonata per sapere come stava (lui abitava piuttosto lontano per cui non lo vedevo spesso), mi viene risposto che sta molto male. Mi precipito là, lo porto all' ospedale più vicino ma mi viene risposto che per quanto sia grave la situazione non hanno posto per ricoverarlo urgentemente e che se io avevo delle conoscenze era meglio che provvedessi da sola. Sono in un certo modo costretta a portarlo all'ospedale di Lucca.

Strada facendo ricordo che mi disse anche un'altra cosa importante e cioè che lui non avrebbe mai voluto lasciare la mia mamma........ Era ancora una richiesta.

Nella tarda serata le condizione di salute del mio babbo peggiorarono e venne ricoverato in rianimazione. Il mio dolore fu grande e la paura era tanta. Mi ricordo che mi venne dal cuore questa preghiera: "padre non sono ancora pronta a questo dolore". Poi telefonai ai miei fratelli ed alla mia sorella. Quella fu la prima volta dopo 30 anni che ci siamo ritrovati tutti insieme. La strada da fare era ancora tanta. Più tardi a casa durante la notte ricordai che la parola di vita di quel mese riportava la frase del vangelo "totale fiducia in Lui". Leggendola mi accorsi che ogni parola esprimeva perfettamente ciò che provavo. Il mio babbo è vissuto ancora 55 giorni (il tempo anche per prepararmi a questo dolore se così si può dire). Sono stati giorni intrisi di tanto dolore ma anche di tanto amore.

Era Gesù Abbandonato, che con un volto tutto speciale mi si presentava. L'ho abbracciato con tutta l'anima, con tutto il cuore e con tutta me stessa. E' stato il mio compagno fedele soprattutto nei momenti più brutti. Ricordo ancora le prime volta sola all'ospedale quando il mio babbo stava molto male. A volte era così doloroso vederlo che uscivo per qualche istante dalla stanza e la paura di trovarmi sola con lui senza la mia famiglia se fosse morto era tanta. E' stato in questi momenti, che ho capito che solo prendendo su di me quel dolore avrei amato Gesu' Abbandonato come lui voleva. Raccoglievo nel mio cuore anche le indifferenze, le mancanze, le incomprensioni, il non perdono, le cecità del resto della mia famiglia. Così l'abbraccio a G.A. era più totale.

La Parola in questo periodo così speciale della mia vita mi ha sempre accompagnato. Erano due le frasi che riecheggiavano sempre nel mio cuore soprattutto nei momenti di maggiore sconforto: "prese su di se" (e questo era quello che Gesù mio Maestro mi insegnava in quel momento) e l'altra "Io faccio nuove tutte le cose" (questa era la sua promessa).

Ricordo che qualche giorno dopo quando il mio babbo cominciò a stare un pochino meglio e potevamo (lui a cenni) conversare gli dissi: "Babbo lo sai che devi tornare a casa tua?" Mi guardò e realizzata la mia frase mi fece cenno di si esprimendo un grande felicità. Anche io sorrisi pensando che ora avevo un alleato.

L'ospedale era diventato il luogo dove ci ritrovavamo tutti noi fratelli. Pur essendosi creato un clima confidenziale dovuto anche al fatto che dovevamo condividere molte cose insieme, non avevo detto loro ciò che avevo in cuore. Però notavo che qualsiasi cosa dicessi o chiedessi, loro la condividevano anzi erano già qualche passo avanti a me.. Posso dire che si stava creando un clima di Unità.

Loro come me erano amareggiati del fatto che mia sorella se ne stava sulle sue nonostante più volte le avessero detto di voler far pace. Intanto il mio babbo aveva voluto parlare con la mia mamma per chiederle perdono. Mio padre era nuovo: vedevo in lui una persona diversa. Ogni volta che arrivavo mi baciava, mio abbracciava, mi aspettava con gioia chiedendo a volte alle infermiere come mai ritardavo, parlavamo, decidevamo le cose insieme. E' stato in questi giorni il babbo come lo avrei sempre voluto. Credo che anche i medici e le infermiere gli abbiano riservato un trattamento tutto speciale per l'amore che vedevano nei suoi confronti.

Vedevo che anche il resto della famiglia gioiva di questo rapporto ritrovato. Tutti insieme avevamo deciso che Babbo doveva tornare a "casa". Si cominciava a respirare finalmente aria di pace, di serenità e di gioia. In cuor mio sapevo che l'Unità avrebbe avuto un prezzo: la vita del mio babbo, ma la speranza era tanta.

Verso la metà di Agosto le condizione di salute del mio babbo sembravano buone, percui decisi di assentarmi per qualche giorno per riposarmi. Lasciai che ad occuparsi di lui fossero: mia sorella e mio fratello Andrea: i due che ancora non si parlavano. Babbo però cominciò a ristare male già dal giorno dopo anche se inizialmente sembrava solo una piccola ricaduta.

Tante volte mi chiedo: "se non avessi perdonato mio padre, se non lo avessi amato nonostante tutto, se non avessi preso su di me il peso della mia famiglia di quanto amore avrei privato me stessa e gli altri.

Ricordo la telefonata di mio fratello Andrea che mi diceva che finalmente Sonia, mia sorella, gli aveva parlato. Rivolgendomi all'Eterno Padre gli dissi: "Ora tutto è compiuto". Ci eravamo tutti riuniti.

Sono poi ritornata urgentemente a casa per babbo si era aggravato. Ricordo la sua gioia nel vedermi. Andrea più tardi mi telefono per dirmi: "Babbo quando ti ha visto si è rasserenato". Io so che lui vedeva oltre me inconsapevolmente Gesù e questo non potevo far altro che farlo gioire. I quattro giorno successivi sono stati gli ultimi per mio padre. Solo aver avuto vicino tutta la mia famiglia riunita e l'abbraccio stretto a G.A. mi ha permesso di stargli accanto fino all'ultimo respiro.

Ricordo bene quegli attimi dopo aver saputo che erano le ultime ore per lui: dopo aver detto"Padre , sì, se questa è la tua volontà" è stato come togliermelo dal cuore prenderlo tra le braccia fare qualche passo e consegnarlo in quelle di Gesù. Poco più in là c'era la Madonna: io mi sono stretta nel suo abbraccio. E' scesa in me e tra di noi una grande pace. Durante l'agonia i miei fratelli e mia mamma facevano a turno a venire nella stanza dove eravamo io e il mio babbo. A volte avrei voluto uscire per riprendere fiato ma gli altri volevano che restassi lì: con Gesù in mezzo anche la morte è meno dolorosa.

Mio padre non era praticante e poco credente per quanto diceva lui e questo era soprattutto in quelle ore un grande dolore. La mia fiducia nella misericordia di Dio era totale. Ha comunque ricevuto, su mio invito, consapevolmente l'estrema unzione. Ho anche compreso che l'Eterno Padre guarda in fondo al cuore di ognuno di noi considerando proprio cio' che vorremmo aver fatto ma che anche per la nostra fragilità umana non siamo riusciti a fare. I suoi parametri di valutazione sono molto diversi dai nostri. Durante l'agonia del mio babbo ho raccolto nel mio cuore la sua paura, ho immaginato i suoi desideri e i suoi sentimenti, chissà se aveva chiesto perdono ....... Ho capito che io potevo farlo per lui e così pregavo: "Padre è tuo figlio. Ti chiedo perdono per tutte le sue colpe se lui non lo ha fatto. Tutta la sofferenza di questi attimi, tremenda, te la offro tramite me, perchè tu lo perdoni"

Così ho accompagnato il mio babbo all' Eterno Padre ed anche io come lui sono morta per rinascere ad una nuova vita: la mia anima grida forte "Abbà". Mai prima di questa esperienza mi sono sentita così tanto figlia dell'Eterno Padre.

Voglio ringraziare Chiara per il suo "sì", perchè solo vivendo l'Ideale ho potuto veramente fare esperienza già da ora del Regno dei Cieli.

La mia famiglia ha finalmente trovato "l'unità" qui sulla terra ma anche in cielo.

Con i miei fratelli parlo in termini di unità anche se loro non lo sanno. Il piccolo patrimonio del mio babbo, che era stato tanto motivo di discordia è ora motivo di unione. Infatti abbiamo deciso di non fare divisioni ma di gestirlo tutti insieme e se dovesse raccontare della bellezza dei rapporti con i miei fratelli non finirei più

Ecco come Gesù ha mantenuto la sua promessa iniziale: "Io faccio nuove tutte le cose"

 

 

2a ESPERIENZA

 

Conosciuti e sposati per amore dopo due anni di fidanzamento, avevamo raggiunto il traguardo dei 30 anni di matrimonio dopo una vita vissuta insieme superando, con la forza dell’amore fra non e verso Dio, i dolori che nei vari anni si erano succeduti. Fra noi non è mai mancato il dialogo e ci siamo sempre impegnati ad aiutarci per migliorare i nostri lati deboli per far si che l’amore fra noi rimanesse sempre alimentato dall’Amore.

Nulla faceva pensare a quello che sarebbe successo; forse in qual momento era cominciato a mancare il dialogo, forse avevo la presunzione che nessuno e nulla avrebbe potuto scalfire un  rapporto così bello e così duraturo, forse il rapporto personale con Dio , pur senza accorgermene, si era allentato , lasciando lo spazio a qualcun altro di entrare nella mia anima.

Dopo un incontro casuale con una persona per la quale in gioventù avevo avuto una certa simpatia, piano piano si è insinuata in me un’attrazione della quale ancora oggi non so dare una spiegazione, che mi ha portato in breve a sconvolgere la vita coniugale, fino ad allora fondata sull’amore reciproco così profondo. È iniziato così il nostro calvario, ho fatto del male a Grazia ed a mio figlio, ma era come se vivessi staccato dalla realtà.

Sentivo , comunque, l’amore di Grazia che, nonostante questo periodo di annebbiamento, cercava di ricostruire la nostra famiglia, l’amore dei fratelli di ideale , molto discreto ma concreto, mi avvolgeva anche se non sempre riuscivo a capirlo e ad accettarlo.

Finalmente l’amore di nostro figlio e soprattutto quello di Grazia, un amore disinteressato, senza quasi aspettarsi nulla in cambio, l’amore di chi mi stava vicino mi ha fatto vedere bene in me stesso e mi sono riinnamorato di mia moglie, di quell’amore per il quale ci eravamo sposati e sul quale avevamo fondato tutta la nostra vita in comune. Come si può capire questo periodo ha provocato un forte dolore che solo abbracciato e riconosciuto ci ha permesso di ricominciare la nostra vita insieme.

Devo dire che Grazia non mi ha fatto mai pesare i miei errori , ma anzi, con la sua comprensione ed il suo amore, sono riuscito piano piano a non sentirmi più oppresso dal rimorso per poter continuare ad amare.

Ho capito che per essere nuovamente un dono d’amore per Grazia dovevo cercare di perdonare me stesso evitando così di rinchiudermi nel mio senso di colpa  e di  poter  ricominciare  ad amare.

 

Come diceva Umberto ci siamo sposati innamorati e felici, insieme abbiamo vissuto i momenti più belli ed i più dolorosi, è stato scoprire tutto l’amore che Dio aveva per noi.

Il nostro  primo incontro con Dio è stato a seguito della perdita del nostro secondo bambino Luca. Il dolore è stato immenso, ma piano piano Dio ha riempito quel vuoto come solo Lui sa fare.

Abbiamo costruito la nostra vita cercando di vivere l’amore scambievole, superando insieme ogni difficoltà, non esistevano schemi precisi in famiglia, mansioni che doverosamente spettavano all’iuno o all’altro, ma vi erano scambi di ruoli. Si era creato un gioco d’amore nel quale entrò anche nostro figlio.

Diventò  più facile per  Umberto amare mia madre che viveva con noi ed accettare i suoi limiti dovuti al carattere ed  all’età ed a me accettare ed amare i miei suoceri.

Ci accorgemmo, dopo molti anni, che vivendo così, nell’amore vicendevole, volendo ognuno il bene dell’altro, avevamo costruito la nostra casa sulla roccia. Quando tutto sembrava essersi consolidato e noi avevamo la certezza che nulla avrebbe potuto scompigliare la nostra famiglia, arrivò un tempesta. Umberto , sempre così limpido e genuino, si era trovato a vivere una situazione pericolosa che lo coinvolgeva emozionalmente.

Sono stati periodi molto duri da vivere, tutto ciò che avevamo costruito stava crollando, mi rimaneva però l’amore per lui, per la persona che io avevo conosciuto, per quello che realmente era. Non potevo gettare al vento il mio passato ed il mio futuro con lui.

Lui era troppo importante per me, perché lo conoscevo bene e dovevo puntare a quell’Umberto che era in  lui. Così volevo vivere ogni giorno cercando di fare la volontà di Dio, superare tutti quei sentimenti negativi che nascevano in me, come l’egoismo, la rivalsa, la rabbia ,la falsa dignità, parola questa di cui molti si riempiono la bocca.

Per me la dignità era un’altra cosa . Era vivere liberandomi di tutto ciò che mi allontanava da Umberto, puntando all’Amore con l’A maiuscola. L’Amore che tiene integra una persona e la fa crescere aprendola all’altro.

Non è stato facile, ma Dio è sempre vicino a chi lo cerca.

Dovevo essere me stessa con i miei limiti e le mie certezze. Dovevo essere moglie e amare come una madre. È stato molto dura, ma, seguendo Dio, capivo che quello era il mio dover essere. Eravamo in due a soffrire in questa situazione. Ognuno andava a Dio per la propria strada , lottando in campi diversi, ma cercando di vincere la stessa battaglia. Così è stato, io mi sono ritrovata più forte e capace di stare in piede da sola, lui finalmente libero da un groviglio che lo aveva disorientato.

Dovevo vivere l’amore fino in fondo per arrivare al perdono. Sapevo che potevo fidarmi completamente di lui. Ma se l’amavo veramente dovevo capire anche che l’animo umano ha le sue debolezze e le sue tentazioni così forti nel mondo in cui oggi viviamo. Rinasceva così il nostro amore, l’albero metteva fogli nuove e radici più profonde. Capivo che davvero la parola perdono è una parola che esprime l’amore vero.

Il perdono è il dono più grande di noi stessi, è il “dono” che viene fatto per amore.

 

 

3a esperienza

Loppiano, 8 Maggio ’06

Mariarosa

Ci siamo sposati 44 anni fa. Avevo appena terminato il Liceo e pensavo al matrimonio come alla realizzazione di un sogno, alla possibilità di vivere la vita come io la immaginavo, lontana dalle tensioni e dai conflitti della mia famiglia d’origine, dove ero cresciuta soffrendo molto. Il carattere aperto di Renzo, il suo ottimismo mi infondevano fiducia e  speranza.

 

Renzo

A causa della guerra, sono rimasto orfano di padre, avevo 5 anni. Per la mia famiglia è stato il crollo di tutto, di ogni sicurezza e del benessere di cui avevamo goduto. Conservo ancora nel cuore alcuni momenti di gioia vissuti con mio padre, tra le sue braccia! Nella povertà del dopoguerra, sono cresciuto in collegi militari, un po’ ribelle e insofferente a quanto mi sembrava ingiustizia e prepotenza, coltivando nel mio cuore sogni di libertà.     

Terminati gli studi nautici mi sono imbarcato nella marina mercantile. Ma la vita dura sul mare, i rapporti sempre tesi con gli altri marinai, mi hanno spinto ancor più a chiudermi nella mia solitudine. Ricordo un momento in mezzo all’Oceano Atlantico in cui, con il cuore pieno di sofferenza, ho gridato: “Dio, dove sei?”.

L’incontro con Mariarosa, durante una licenza, è stato per me un inaspettato soffio di speranza, che ha dato un senso nuovo alla mia vita: la felicità che cercavo. Per vivere accanto a lei ho lasciato il mare.

 

Mariarosa

Non avevamo una chiara coscienza della nostra identità di figli di Dio, né del matrimonio come sacramento. Innamorati, abbiamo detto sì con entusiasmo ai nostri sentimenti che ci apparivano inscalfibili, i più belli. Il nostro amore non conosceva, allora, altri valori, anche perché il nostro fidanzamento, vissuto a distanza, si era nutrito più di aspirazioni che di dialogo e di confronto.

Nei brevi periodi in cui potevamo stare insieme, forse per non sciupare l’incanto da cui ci sentivamo presi, non affrontavamo in profondità le nostre diversità di vedute. Con il matrimonio, ci siamo trasferiti in una città lontana da quella di origine. Eravamo soli a cominciare la nostra avventura di famiglia, a cercare di costruire il nostro progetto di vita insieme, aspettandoci inconsciamente dall’altro una risposta sempre pronta e adeguata ai nostri pensieri.

Ma, di fronte alle inevitabili difficoltà del vivere quotidiano, fatto di circostanze in cui emergono di continuo differenze di carattere, di abitudini, di gusti, non siamo stati capaci di riconoscere l’altro come un dono e come tale di accoglierlo. Il carattere espansivo e deciso di Renzo, ad esempio, a me spesso sembrava eccessivo e non opportuno, poco attento alla mia sensibilità più incline al riserbo; in tante circostanze mi urtava perciò moltissimo il suo modo di fare.

Le mie continue osservazioni al riguardo, d’altro canto, lo esasperavano, non sentendosi compreso. Entrambi eravamo convinti di essere nel giusto e che l’altro non potesse capirci.

Questi conflitti ricorrenti amareggiavano i nostri sentimenti e facevano vacillare le nostre certezze. Poco a poco si insinuava nel nostro cuore anche il dubbio di aver sbagliato persona. Io, in particolare, sentivo crescere lo smarrimento, nel timore di trovarmi a ripercorrere la stessa strada dolorosa dei miei genitori, segnata da continue incomprensioni e litigi. Ci siamo allontanati sempre più l’uno dall’altra. Nella confusione e nel dolore, ci siamo separati.

 

Renzo

Schiacciato dal fallimento, ho rinunciato ad ogni tentativo di riconciliazione. Un sentimento di rabbia e di disperazione mi sconvolgeva. Non accettavo l’evidenza della sconfitta. Un lungo tempo di abbandono e di desolazione. Mi sembrava che la vita non avesse più senso.     

Quella frase del Vangelo: “Chi ama padre, madre, moglie, più di me … non è degno di me”, m’interpellava misteriosamente, ma Dio lo sentivo lontano. Un giorno, invitato al matrimonio di un collega di lavoro, conosco un giovane sposato che mi offre un passaggio in auto per tornare a casa. Durante il viaggio ho l’occasione di raccontargli qualcosa di me.

Nel salutarmi dice: ”Se vuoi, possiamo diventare amici”. Gli rispondo che non credo più nell’amicizia. Dopo un attimo di sospensione, riprende: “Io ti propongo un’amicizia nuova: di amarci come Gesù ci ha amato”.

Questa proposta inaspettata e mai sentita prima, penetra come una lama di luce nella mia anima: amarci come Gesù ci ha amato! Quel “come” apre la mia anima a qualcosa di nuovo, di sconosciuto, che mi affascina. Comincio a frequentare la sua famiglia e poi altre persone che – come lui - fanno parte della comunità del Movimento dei Focolari.

La loro vita di amore concreto è per me come uno specchio in cui rivedo tutto il mio passato, il concatenarsi di errori e di egoismi che l’hanno sciupato. In quel clima di unità e di reciprocità in cui mi sento accolto, avviene l’incontro della mia debolezza con la misericordia di Dio. Mi riaccosto ai Sacramenti e scopro la Chiesa come Madre. Incomincio a muovere i primi passi in questa nuova luce, a rispondere all’amore ricevuto, con piccoli gesti di condivisione. Partecipo poi alla Mariapoli e frequento il Focolare. Ho la grazia, poi, di partecipare ad un incontro in cui Chiara parla di Gesù crocifisso.

Nel grido del Suo abbandono riconosco tutti i miei peccati e, al tempo stesso, mi sento sanato dal Suo amore senza misura. DonarGli la mia vita: è ciò che più desidero!

Di Mariarosa non avevo notizie, ma rimaneva in me come una spaccatura. Ricordo che un giorno, passando nei pressi di un santuario con questa sofferenza nell’anima, mi è venuto spontaneo rivolgermi a Maria: “Tu sei mia Madre e sei anche Madre di Mariarosa, l’affido a Te”. Ho avuto l’impressione che quella preghiera andasse direttamente a Dio.

 

Mariarosa

Lasciando Renzo, anche per me è stato come precipitare in un abisso. Nella confusione e nell’oscurità dell’anima cercavo vie d’uscita, ma tutto mi appariva ormai rovinato. Al culmine di questa sofferenza, durante una notte insonne, ho sentito affiorare nell’intimo un grido: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

Qualche tempo dopo - era la festa della Madonna del Rosario e l’anniversario del nostro matrimonio - ricevo la visita di due ragazze – due focolarine – che non conoscevo: mi portano i saluti di una persona da me incontrata casualmente. Non potrò mai dimenticare il loro sguardo limpido, profondo e gioioso: uno squarcio di  luce nel buio della mia anima.

Tutto ciò che ho sempre desiderato lo vedo ora, espresso nell’essere di quelle giovani che dolcemente mi accompagnano all’incontro con l’Amore di Dio. Sperimento anch’io la gioia della risurrezione. Una vita nuova si spalanca davanti a me.    

Comprendo che anche nel matrimonio l’amore non è solo sentimento, ma può essere un riflesso autentico di quello che Gesù ci ha manifestato con il dono totale di sé.Il primo passo per vivere di conseguenza è quello di comunicare a Renzo questa realtà. Gli scrivo una lettera.

 

Renzo

Il suo messaggio mi riempie di stupore e di gioia. Avverto di dover essere attento a seguire il filo d’oro con cui l’amore di Dio va intrecciando in modo nuovo la nostra vita. Qualche tempo dopo, ricevo la notizia che Mariarosa è ricoverata in ospedale. È giunto il momento di andare da lei.

Quando arrivo è già sera. Nella penombra della stanza i nostri sguardi s’incontrano in silenzio, viviamo un’esperienza forte: “Ti darò un cuore nuovo”, dice la Scrittura.     Ci sembra di percepire la presenza di Dio, di Gesù in mezzo a noi.

 

Mariarosa

Con questo dono si è ricomposta la nostra famiglia. Sono nati 6 figli che ormai sono grandi.

In questi anni, abbiamo cercato di tenere sempre viva tra noi e di ricercarla continuamente questa presenza di Gesù, attraverso l’amore reciproco che, non solo ha cambiato la nostra vita, ma continua a farci sperimentare la bellezza e la forza dell’unità, dell’essere una cosa sola pur nell’espressione delle nostre diversità. Ricordo un momento quando i bambini erano tutti piccoli. Una sera, dopo cena, Renzo doveva uscire per un impegno affidatogli dal Focolare. Ero molto stanca, la cucina in disordine, i bambini dovevano essere aiutati ad andare a letto. A Renzo sembrava particolarmente importante quell’impegno ma, data la situazione, si chiedeva cosa fosse bene fare.            

Da parte mia, cogliendo il suo amore, sentivo sempre più chiaramente che potevo affrontare da sola quella difficoltà, come una piccola goccia di quel “come” - che è dare la vita -, perciò l’ho incoraggiato ad andare. Era appena uscito quando i bambini, venendomi tutti attorno, mi invitano a giocare con loro. Sento che questa è la cosa più importante da fare in quell’istante: accogliere la loro richiesta, amare Gesù in loro. Li seguo nel gioco, che si rivela un momento di inaspettata distensione e di riposo anche per me. Quando poi si addormentano, posso serenamente dedicarmi alla cucina, provando un tocco di gioia purissima nell’anima.

 

Renzo

Non sempre riusciamo a vivere nella luce e nella bellezza dell’unità. Ci sono nella nostra giornata momenti in cui è necessario ricominciare.

Un giorno, ad esempio, c’era stata un‘incomprensione tra noi due. Ero convintissimo di avere ragione su quel punto, perciò mi sono appartato un po’ risentito, aspettando che lei mi chiedesse scusa. Sentivo un disagio profondo perché non riuscivo più a far nulla.

Una sola parola mi risuonava nell’intimo: “Se tuo fratello ha qualcosa contro di te…  va’ a riconciliarti con lui”. Non mi restava che alzarmi subito e amare per primo. Inutile dire che anche Mariarosa stava venendo verso di me con la stessa anima.

È rimasto vivissimo in me un altro momento di luce.Tenevo in braccio, durante la Messa, il più piccolo dei nostri figli per evitare che, come era solito fare, corresse avanti e indietro ad accendere le candele. Mentre cercavo di raccogliermi e di pregare senza riuscirvi troppo, ho avvertito chiaramente che Gesù, presente nel tabernacolo, era presente anche in quel bambino che Dio mi affidava.Immerso in questo pensiero, guardavo intensamente il piccolo che d’improvviso mi dice: “Papà, perché mi guardi con amore”?

Una scintilla di verità che si è impressa nel mio cuore aiutandomi, da allora, a riconoscere, oltre il velo delle diversità, la presenza di Dio in ogni prossimo.

 

Mariarosa

La nostra vita in seno al Movimento si è intrecciata con quella di tante altre persone con le quali abbiamo cercato di camminare verso l’unità. Tante anche le sofferenze che abbiamo incontrato e che abbiamo cercato di condividere.

Rimane scolpita nel nostro cuore una delle tante vicende che ci hanno toccato. Alcuni anni fa abbiamo conosciuto un uomo sposato, era disperato a causa dell’allontanamento affettivo della moglie. Anche la sua fede in Dio sembrava spenta.

Frequentando la nostra casa, poteva riversare tra noi tutto il suo dolore. L’ascoltavamo con attenzione  e partecipazione, facendo nostra la pena che l’opprimeva, riconoscendo in lui un volto di Gesù abbandonato.

Un rapporto profondo si è stabilito con lui durante tanti anni che, piano piano, l’ha accompagnato alla scoperta dell’amore personale di Dio anche nel dolore. Pur rimanendo quasi immutata la sua situazione familiare, sempre più il nostro amico è entrato nella pace e nella disponibilità ad amare tutti per primo, a cominciare dalla moglie.

Una delle ultime volte in cui ci siamo visti, prima della sua morte improvvisa, ci confidava: “Ricordate? Quando ci siamo conosciuti impazzivo di dolore; oggi, sentendomi amato da Dio, mi sembra quasi di impazzire di gioia”.

Da 3 anni siamo cittadini di Loppiano, partecipi di una realtà bellissima di questa città: la scuola internazionale per famiglie, la Scuola Loreto. Quando abbiamo ricevuto l’invito a trasferirci qui, nella nostra anima si è raccolta, per un attimo, tutta la nostra vita, come un dono prezioso di Dio: l’unità forte costruita con i figli e con i nipotini, l’intensità dell’amore scambievole vissuto con tante persone della comunità del Movimento a Milano, dove siamo rimasti per quasi 40 anni.

Ci viene chiesta una misura più grande di donazione e di distacco evangelico. Ancora una volta possiamo riconoscere lo sguardo pieno d’amore di Gesù che ci ripete: “Vieni e seguimi!”.

 L’esperienza di fraternità universale che qui alla Scuola e nella Cittadella siamo chiamati a vivere è per noi allo stesso tempo il centuplo promesso dal Vangelo e la palestra nuova dove possiamo continuare ad esercitarci per costruire l’unità della famiglia umana.

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